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Per
la sua posizione non si può dire che Prato Sesia appartenga
ad un ben preciso contesto geografico, posto così com'è agli
inizi della Valsesia pur non avendo le peculiarità
del territorio montano ma al tempo stesso agli estremi del
novarese, pur non essendo caratterizzato dal paesaggio pianeggiante,
solo a tratti interrotto da dolci declivi ricchi di uve preziose
che contraddistinguono la cosiddetta "Dolce terra
tra i due fiumi". E' però proprio questa contradditorietà
a fare di Prato Sesia un luogo meritevole di una visita da
parte di chi, giunto da queste parti, decida di trascorrere
una giornata diversa, abbandonando per un giorno le solite
ed affollate località lacustri e montane, pur così poco distanti
dal paese. |
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CENNI
STORICI |
Il territorio su cui sorge Prato
Sesia, come del resto l'intera pianura Padana, in epoche preistoriche
(Pliocene, da 5 a 2 milioni di anni fa) era occupato dal mare,
un mare caldo di tipo subtropicale, caratterizzato da una
costa molto articolata, scoscesa e ricca di baie laterali.
A testimonianza di questa la numerosa presenza fossile in
regione Vaglio, all'interno del Parco Naturale del Monte Fenera,
databile a 3,5 milioni di anni fa, certamente tra le più interessanti
dell'area pedemontana.
Il territorio fu poi toccato anche dalla presenza romana,
ciò alla luce dei ritrovamenti di anfore e monete in regione
S. Grato.
E' tuttavia in un diploma di Enrico II del 1014 che viene
citato il paese, qui però con il nome di Karon.
Nel '200 il borgo era già diviso in Prato Nuovo e Prato Vecchio,
con in mezzo il castello di Sopramonte ma era pur sempre,
e così rimase per secoli, frazione di Romagnano.
Proprio in questo secolo intorno al 1270 nacque, secondo alcuni
storici proprio a Prato, quella singolare figura di eretico,
mezzo predicatore e mezzo brigante che fu Fra Dolcino
che a capo della setta degli Apostolici mise a ferro e fuoco
la Valsesia e la Valsessera per poi essere arrestato dalle
truppe del Vescovo di Vercelli dopo un lungo assedio al monte
Rubello, sopra Trivero e condannato a morte dall'Inquisizione
insieme a Margherita, la compagna di sempre. Nessuno ha influenzato
nei secoli l'immaginario valsesiano quanto questo personaggio
immortalato da Dante nella Divina Commedia.
Fu tra la fine del '500 e l'inizio del '600 che Prato, che
all'epoca contava circa 500-600 abitanti, iniziò a sottrarsi
man mano dall'egemonia del borgo limitrofo, legata soprattutto
al controllo esercitato da quest'ultimo sui vari mulini per
macinare il grano, essendo questo uno degli aspetti più significativi
dell'economia dell'epoca; la comunità si organizzò, facendosi
governare da due consoli eletti da un novero di 12 consiglieri.
Nel '600 e '700 si assistette inoltre al sorgere di parecchie
opere pie, fondate da pratesi benestanti quali Carlo Placido,
Bartolomeo Furogotti ed il sacerdote Carlo Maria Genesi.
Nel 1792 nacque a Prato, figlio di un notaio di Varallo,
Giacomo Antonini, eroico ed avventuroso combattente che
bruciò le tappe della carriera militare nell'esercito di Napoleone
tanto da meritarsi la Legion d'Onore francese. Con la disfatta
francese ripiegò in Polonia dove nel 1830 combattè, con il
grado di generale, per la liberazione di quel paese dal dominio
russo. Nel 1848 tornò a combattere in patria per la difesa
di Vicenza dagli austriaci. Morì nel 1854.
Nel 1862 Prato aggiunge il "Sesia" al suo nome.
Nel '900 c'è stata una progressiva trasformazione del borgo
da agricolo ad industriale, con la lunga parentesi della seconda
guerra mondiale in cui fu teatro della lotta resistenziale
partigiana contro i nazi-fascisti. |
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1° itinerario:
il centro storico e la collina di Sopramonte. |
Ecco quindi qualche consiglio
per chi avrà deciso di diventare nostro ospite. Lasciata
l'auto presso il parcheggio di piazza Europa caratterizzata
da un pannello, posto su un basamento, con incise le
distanze di Prato Sesia dalle maggiori città europee,
si potrà certamente notare, di fronte, la chiesa
parrocchiale di S. Bernardo, esistente fin dalla
metà del '300 in forme romaniche e barocchizzata definitivamente
tra il '600 e il '700. |
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Entrati, si potrà notare
la struttura a tre navate con i sei altari in marmo,
barocchi; tra questi spiccano, alla destra dell'altare
maggiore, l'altare di S. Giuseppe con
una pala lignea raffigurante la natività del romagnanese Pietro Renolfi, databile tra 1590 ed il 1632. |
Accanto si scorge il
gioiello di questa chiesa, la cappella del Rosario;
sopra l'altare è posto il dipinto della Madonna che
dona il rosario a S. Domenico, opera di Giacinto Giminiani,
pittore toscano operante a Roma, realizzata attorno
al 1648, che mostra chiaramente, nell'estrema semplificazione
del tema, una netta adesione ai dettami della controriforma
postridentina. Alzando lo sguardo si possono osservare
gli affreschi dell'assunzione della Vergine sulla volta,
delle virtù nei pennacchi e dei misteri del Rosario
sull'altare, tutti realizzati nel 1718 dal romagnanese
Tarquinio Grassi. |
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Percorrendo la navata
verso l'uscita troviamo la cappella del crocifisso,
eretta nel 1872 per custodire un crocifisso venerato
a seguito di un miracolo verificatosi nel 1760, quando
cadendo dalla collina sovrastante il paese, venne ritrovato
intatto e intriso di sudore.
Sulle volte della chiesa si notano poi i pregevoli
stucchi, di fine del '700, abbastanza rari nella
zona.
Esternamente vi è la cappella di S. Marta
dove recenti restauri hanno portato alla luce affreschi
della fine del '500 raffiguranti un S. Francesco che
riceve le stimmate e, nelle lunette, i dodici apostoli.
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Usciti ed imboccata
via de Amicis fino al termine si giunge fino all'Oratorio
della Beata Vergine della Quercia, risalente
al 1646, |
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al cui interno spicca
un dipinto della Madonna della Quercia
con S. Giovanni Battista, S. Michele Arcangelo ed il
committente, Giovanni Viocca, opera del già citato Giminiani,
caratterizzata però da un purismo meno rigoroso rispetto
a quella conservata nella parrocchiale. |
Proseguendo poi per
via Garibaldi si entra nel cuore antico di Prato Sesia,
il rione di Prato Vecchio con la sua stretta
strada da cui si aprono ampi e caratteristici cortili.
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Al termine si prosegue lungo la strada detta "della
Rocchetta" che, a ridosso della collina di Sopramonte,
porta all'altro rione storico del paese, quello di Prato
Nuovo. |
Prima di giungervi
abbandoniamo la strada asfaltata per imboccarne una
di ciottoli che, dopo aver attraversato un caratteristico arco di pietra, porta, in 10-15 minuti
attraverso un agevole sentiero, fino alla sommità della
collina. |
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Qui scopriamo il luogo
più suggestivo e più caro ai pratesi, con i resti
di un antico castello trecentesco |
e una chiesetta
dedicata alla natività della Vergine. |
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Il castello è
posto ad una certa distanza da una torre, databile tra l'XI ed il XII sec., simbolo del
paese, tanto da far pensare che in origine fossero
racchiusi da un'unica fortificazione, oggi perduta,
con all'interno un villaggio e che solo in un secondo
tempo fosse stata costruita l'abitazione signorile di
cui oggi vediamo i resti.
Nel castello sono anche ambientate le vicende di un
romanzo storico pubblicato nel 1845, sulla scia dei
Promessi sposi manzoniani, opera dell'avvocato Anselmo
Prato ed intitolato Beatrice di Sopramonte. |
La chiesa possiede all'interno un affresco
della seconda metà del '400 raffigurante S. Sebastiano
e il Santo Vescovo, forse S. Gaudenzio, opera di Iohannes
de Campo.
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Superata la chiesa si può godere di uno splendido
panorama dell'abitato, delle Alpi e del monte Fenera. |
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Imboccata ora la strada
in senso opposto, ma questa volta svoltando a sinistra
al secondo bivio che troviamo, verso via Castello, ridiscendiamo
a Prato Nuovo; |
qui lungo via Fra' Dolcino,
intitolata al celebre eretico cantato da Dante che pare
nato proprio a Prato Sesia, |
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è il caso di imboccare
per un attimo la stretta via Molino, oltrepassare un
ruscello per ammirare uno dei pochi mulini ormai rimasti nella zona, fino a pochi anni fa di proprietà della famiglia
Galdini, stirpe di mugnai. |
Ritornati sui nostri passi giungiamo all'Oratorio
della Beata Vergine di Lourdes, avviato nel 1631
come Oratorio di S. Carlo.
Da qui proseguendo in linea retta, incrociamo la statale
ed infine facciamo ritorno a Piazza Europa. |
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2° itinerario: la campagna, il fiume Sesia, le cappelle
votive e le chiese delle frazioni. |
Il secondo itinerario
che proponiamo si snoda su un percorso un po' più lungo
del precedente, immerso nella campagna, ideale per un'escursione
in bicicletta, ma accessibile anche ad un discreto camminatore.
Da Piazza Europa imbocchiamo quindi via Cimitero e subito
troviamo l'Oratorio di S. Sebastiano,
risalente, in forme romaniche, almeno al XV sec.,
ma quasi interamente rifatto nel 1730; |
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all'interno vi è un affresco
della Vergine con il Bambino del '400 di Tommaso Cagnoli;
ai lati di questa S. Sebastiano e S.
Giulio.
Sul retro vi era una sorgente d'acqua, le cui tracce
sono ancora visibili, già utilizzata per riti purificatori
in epoca pagana. Proseguiamo e subito dopo aver oltrepassato
la ferrovia, imbocchiamo, sulla destra, un ampio sentiero
che ci porterà, dopo una decina di minuti di passeggio
in regione S. Grato dove, all'inizio del '900,
sono state rinvenute monete ed anfore romane.
Lungo la strada si potranno scorgere i ruderi della cappella di S. Grato, un tempo meta di numerose
processioni in occasione di varie feste religiose. |
Proseguendo non distanti dal corso del fiume Sesia,
attraverso la frazione Ca' Bianca, percorrendo
via Garodino giungiamo, non prima di esserci imbattuti
nella cappella di S. Antonio, alla chiesa
di S. Michele, eretta nel 1619 e di proprietà dei
conti Gibellini, di cui all'interno si può notare lo
stemma. |
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Svoltando a destra percorriamo
in linea retta un sentiero che sbuca infine sulla strada
asfaltata, da qui dopo poche centinaia di metri, sulla
sinistra troviamo la breve ascesa all'Oratorio
della Beata Vergine della Neve. Prima
dell’attuale costruzione, vi era l'oratorio dei
martiri milanesi del I secolo Nazario e Celso, i cui
corpi furono ritrovati da S. Ambrogio per divina
ispirazione, venerati localmente il 28 luglio.
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Di questa struttura dà notizia il
vescovo Bascapè nel 1599. Dal 1711, sul
precedente oratorio, venne costruita la chiesetta della
Madonna della Neve, di forme architettoniche semplici,
benedetta il 5 agosto 1714. Sull'altare maggiore vi è
l’ affresco della seconda metà del XVI secolo
raffigurante
la Madonna
con il Bambino, S. Nazario e S. Gaudenzio mentre,
all'esterno ve ne è un altro raffigurante la Madonna con il bambino, la Beata Panacea e S. Bernardo. |
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Ridiscesi ripercorriamo
la strada asfaltata per abbandonarla di nuovo, un po'
più avanti, per un sentiero sulla destra e dopo qualche
centinaio di metri ci dirigiamo a sinistra, da qui proseguendo
in linea retta incontriamo la cappella di S. Marco |
con i suoi affreschi del '700, recentemente restaurati
a cura della Pro Loco,
raffiguranti la Vergine Assunta, S. Marco S.
Defendente. |
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Proseguendo, si imbocca infine via Martiri della Libertà,
al termine della quale, se volgiamo lo sguardo a destra
notiamo una croce che indica l'inizio del rione
Gabbio. Qui sbuchiamo su via Matteotti e lungo
questa facciamo ritorno a piazza Europa. |
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