Lasciata l’auto presso il
parcheggio di Piazza Europa, caratterizzato da un basamento
con incise le distanze di Prato Sesia dalle maggiori città
europee, si potrà certamente notare, di fronte, la chiesa
parrocchiale dedicata a San Bernardo. |
|
|
Si ha memoria della chiesa
fin dalla metà del XIV secolo, quando era a struttura di tipo
romanico, circondata da un cimitero. E’ parrocchiale almeno
dal XV secolo. Tra il XVII ed il XVIII secolo fu ampliata e
innalzata, assumendo l’aspetto che mantiene ai giorni
nostri. La facciata attuale, realizzata sul disegno di Ercole
Marietti, risale al 1870. |
Il campanile venne ricostruito nel 1724 al
posto del precedente, caduto per
vecchiaia. Internamente la struttura è a tre navate,
sostenute da 8 colonne di granito che nel 1735 sostituirono i
preesistenti pilastri a muro, con sei altari in marmo,
barocco. |
|
|
Tra questi spicca, alla destra dell’altare
maggiore, l’altare di S. Giuseppe con una tavola della
Natività di Petrus Renulphus, databile tra il 1590 e il 1592. |
Accanto vi è la
cappella del Rosario, sede dell’omonima Confraternita,
istituita nel 1648. La cappella fu voluta da Bartolomeo
Furogotti, un pratese trasferitosi ed arricchitosi a Roma. |
|
|
Sopra l’altare è collocata la tela della Madonna che dona
il rosario a S. Domenico, opera commissionata dallo stesso
Furogotti a Giacinto Gimignani, pittore toscano operante a
Roma, realizzata attorno al 1648. Il dipinto è stato
restaurato a Milano nel 1989 e quindi esposto nella mostra
tenutasi a Torino dal titolo "I Savoia ed il
Seicento". |
Alzando lo sguardo si possono osservare
sulla volta, gli affreschi dell’assunzione della Vergine.
Nei pennacchi, Virtù, attorno l’altare i misteri del
Rosario, che fanno da cornice alla tela e tutti realizzati nel
1718 dal romagnanese Tarquinio Grassi. In passato, dove ora c’è
una finestra, vi era lo stemma dei Furogotti. |
|
|
Percorrendo la navata
verso l’uscita si trova la cappella o scurolo del
Crocefisso, eretto nel 1872 su disegno di Ercole Marietti, per
custodire un crocifisso, venerato a seguito di un miracolo
verificatosi nel 1760. |
Durante un temporale, il Crocefisso fu
fatto cadere da un colpo di vento dal portico della Chiesetta,
che si trova sulla collina sovrastante il paese, dove era
stato portato in processione per la benedizione delle
campagne, nella domenica in Albis, e venne ritrovato intatto e
intriso di sudore. |
|
|
L’altare maggiore attuale risale al 1755,
data in cui fu anche ampliato il coro, che divenne la nuova
sede della confraternita del S.S. Sacramento.
Dal secolo XVI
la chiesa custodì anche un polittico di scuola gaudenziana. Esso, oggi purtroppo
perduto, risultava danneggiato già nel XVIII secolo. |
Sulle
volte della chiesa si notano i pregevoli stucchi di Giovanni
Battista Negri, di fine XVIII secolo, commissionati nel 1792
dal parroco e dalla Compagnia di S. Marta. |
|
|
Lungo la navata
destra vi è la cappella di S. Marta. |
All’esterno troviamo l’oratorio
privato della Confraternita di S. Marta dove recenti restauri
hanno portato alla luce affreschi della fine del XVI secolo
raffiguranti un S. Francesco che riceve le stimmate |
|
|
e, nelle
lunette, i dodici apostoli. |
Proseguendo in via De
Amicis fino al termine si giunge all’oratorio della Beata
Vergine della Quercia, questo fu fatto erigere e dotato di
rendita nel 1646 da Giovanni Viocca, un pratese benestante. |
|
|
All’interno si conserva una tela di Giacinto Gimignani,
realizzata nel 1646, raffigurante la Madonna della Quercia con
S. Giovanni Battista, S. Michele Arcangelo ed il ritratto del
committente, lo stesso Giovanni Viocca, caratterizzata da un
purismo meno rigoroso, con concessioni barocche, rispetto a
quella conservata nella parrocchiale. |
Il soggetto dell’opera
è dovuto al fatto che Viocca operava a Viterbo, città della
moglie e zona in cui era diffuso il culto della Madonna della
Quercia con un antico e prestigioso santuario.
Sono presenti anche affreschi
raffiguranti S. Pantaleone, S. Giuseppe, S.
Defendente e S. Antonio da Padova
|
|
|
Proseguendo poi per
via Garibaldi si entra nel cuore antico di Prato Sesia, il
rione Prato Vecchio con la sua stretta strada da cui si aprono
ampi e caratteristici cortili.
|
Al termine lungo la strada
detta "della Rocchetta" a ridosso della collina di
Sopramonte, sbucando in Piazza Marconi, si giunge in via Fra
Dolcino, appartenente all’altro rione storico, Prato Nuovo.
|
|
|
Proseguendo troviamo l’Oratorio della Beata Vergine di
Lourdes che fu fatto erigere come
Oratorio di S. Carlo dai fratelli Carlo e Giacomo Genesi nel
1631. Carlo Genesi era un benestante che, a differenza di
altri suoi concittadini, non aveva fatto fortuna altrove, ma a
Prato. L’intitolazione a S.
Carlo, canonizzato nel 1610 e patrono contro la peste, rimanda
ai soggiorni del cardinale di Milano a Romagnano Sesia, dove
vi erano le famiglie Trinchieri e Serbelloni con le quali era
in relazione. |
L’oratorio fu anche costruito per la devozione
degli abitanti di Prato Nuovo che per le frequenti piene del
torrente Roccia non potevano raggiungere la chiesa
parrocchiale. Nei primi anni del Novecento dal parroco locale
fu fatta costruire all’interno un’imitazione della grotta
della Madonna di Lourdes, recentemente tolta. |
|
|
Proseguendo
incontriamo sulla nostra destra via Molino, la percorriamo per
ammirare uno dei pochi mulini ormai rimasti in zona: il
"Mulino Nuovo", risalente ai primi del ‘500,
chiamato così perché fu uno degli ultimi ad essere
costruito, in origine era composto da tre ruote con annessa la
pista della Canapa. Il mulino, anche se costruito sul
territorio di Prato Sesia, era di proprietà della comunità
romagnanese. |
Nella seconda metà del 1500
Prato chiese di poter acquistare il mulino, ma ci fu un netto
rifiuto che costrinse i pratesi a costruire un nuovo mulino
realizzato nella zona dell’attuale centrale idroelettrica.
Ma l’interesse dei romagnanesi era troppo elevato, così una
squadra armata fece una spedizione punitiva che portò alla
distruzione di quest’ ultimo. |
|